10 Jul
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CASSAZIONE PENALE, SEZ. VI PENALE - Sentenza n. 55833 del 18/10/2017

Ai fini della integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies c.p., è sufficiente che il fatto sia commesso in un luogo ove si trovi contestualmente anche un minore senza che se sia anche necessario che quest'ultimo sia in grado di percepire e di avere consapevolezza del carattere offensivo della condotta in danno di terzi avvenuta in sua presenza.

Il Collegio ha ritenuto che, ai fini della integrazione della circostanza aggravante, sia sufficiente che il minore sia esposto alla percezione degli atti di violenza e che non sia in alcun modo richiesto che questi sia anche in grado, per il grado di maturità psicofisica conseguito, di realizzare, di comprendere la portata offensiva o lesiva degli atti commessi in sua presenza.

Ad avviso della corte, tale conclusione esegetica discende dalla piana lettura della disposizione, che si limita a prevedere che l'azione si svolga "in presenza" del minore e non richiede, in nessuna parte, che questi abbia raggiunto un'età o un grado di sviluppo intellettivo o psicologico tale da poter apprezzare la natura violenta o offensiva dell'agire che venga perpetrato intorno a sè.

L'introduzione per via interpretativa di una qualunque limitazione - correlata all'età o al livello di maturità del soggetto che assista alle condotte vessatorie – non espressamente prevista dal legislatore all'applicazione della fattispecie risulterebbe arbitraria.

La corte rileva altresì che la ratio dell'elemento circostanziale si correla all'esigenza di elevare la soglia di protezione nei confronti di soggetti i quali, a cagione dell'incompletezza del proprio sviluppo psico-fisico, risultano più vulnerabili e, dunque, più sensibili ed esposti ai riverberi negativi degli agiti aggressivi che siano realizzati in loro presenza.

In quest’ottica, non è revocabile in dubbio il maggior disvalore della condotta maltrattante che sia posta in essere da un soggetto nei confronti di un altro in presenza di un minore, costretto ad essere suo malgrado spettatore delle manifestazioni di violenza, fisica o morale. Da un punto di vista oggettivo, infatti, l'azione aggressiva viene ad avere uno spettro più ampio, là dove va ad attingere una pluralità di soggetti anzichè il solo partner, e realizza un'offesa di più grave intensità al bene tutelato dalla norma (la famiglia), comportando inevitabili ripercussioni negative nei processi di crescita morale e sociale della prole interessata; dal punto di vista dell'elemento soggettivo, manifesta una deliberata e consapevole trascuratezza dell'agente verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali dei figli.

D'altronde, rilevata la Corte, costituisce approdo ormai consolidato della scienza psicologica che anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, siano in grado di percepire quanto avvenga nell'ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che avvengano intorno a sè, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità.


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